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La Tribuna: Il coraggio? Se uno non ce l'ha... PDF Stampa E-mail
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di Salvatore Patatu

Il dialogo tratto dalle Operette Morali di Giacomo Leopardi, pubblicato da Carlo, e le riflessioni di Claudio Coda sulle sue attuali letture mi hanno ricordato un altro dialogo di Leopardi, facente parte dell'appendice alla più famosa opera in prosa del grande poeta marchigiano, studiato quando ero alle scuole superiori.

Lo propongo qui di seguito, in quanto ritengo che la sua lettura farebbe molto bene ai giovani e... perché no, a chi giovane non è più. È proprio vero, non è mai troppo tardi.

Però, a dir la verità, dato che si è parlato di Provvidenza (P maiuscola o minuscola) mi piace ricordare le parole di quel "meraviglioso" personaggio di don Abbondio che diceva: "Uno il coraggio, se non ce l'ha, non se lo può dare".

E l'italiano, oltre ad avere la memoria labile, conosce bene questa affermazione. Per cui, c'è chi, seguendo l'andazzo, pur senza coraggio (quello che si acquisisce con la forza dello studio, della cultura e della conoscenza), riesce a diventare reverendo, qualche altro direttore di banca e altri arrivano a diventare ministri.

Sempre che Cesare (o Augusto) lo voglia.

---

Dialogo: ...filosofo greco, Murco senatore romano, popolo romano, congiurati

Dalle "Operette morali" di Giacomo Leopardi

(Murco significa poltrone, e dall'altro canto Appiano nomina un certo Murco fra quelli che si unirono ai congiurati fingendo di avere avuto parte nella congiura. Murco era soprannome degli Stazi, famiglia consolare).


Filosofo: Dove andate così di fuga?

Murco: ...non sapete niente?

Filosofo: Di che?

Murco: Di Cesare.

Filosofo: Oh Dio, gli è successo qualcosa? Dite su presto. Ha bisogno di soccorso?

Murco: Non serve. E stato ammazzato.

Filosofo: Oh bene. E dove e come?

Murco: In Senato, da una folla di gente. Mi ci trovava ancor io per mia disgrazia, e son fuggito.

Filosofo: Oh bravi: questo mi rallegra.

Murco: Ma che diavolo? Sei briaco? Che mutazione è questa?

Filosofo: Nessuna. Io credeva che gli fosse accaduta qualche disgrazia.

Murco: Certo che schizzar fuori l'anima a forza di pugnalate non è mica una disgrazia.

Filosofo: Non è una disgrazia che ne pianga nessuno. La gente piange quando il tiranno sta male, e ride quando è morto.

Murco: Quando anche non fosse morto, non occorreva che tu fingessi in presenza mia che ti sono amico da gran tempo.

Filosofo: Mentre il tiranno è vivo, non bisogna fidarsi di nessuno. E poi ti corre voce d'essere stato amico di Cesare.

Murco: Come sono tutti gli amici dei tiranni. Il fatto sta che di Cesare in quanto Cesare non me ne importa un fico; e per conto mio lo potevano mettere in croce o squartare in cambio di pugnalarlo, ch'io me ne dava lo stesso pensiero. Ma mi rincresce assai che ho perduta ogni speranza di fortuna, perch'io non ho coraggio, e questi tali fanno fortuna nella monarchia, ma nella libertà non contano un acca. E il peggio è che mi resta una paura maledetta. Se li porti il diavolo in anima e in corpo questi birbanti dei congiurati. Godevamo una pace di paradiso, e per cagion loro eccoci da capo coi tumulti.

Filosofo: Ma queste son parole da vigliacco. La libertà, la patria, la virtù ec. ec.

Murco: Che m'importa di patria, di libertà ec. Non sono più quei tempi. Adesso ciascuno pensa al fatti suoi.

Filosofo: Lo so meglio di te, ma certe cose non vanno dette in piazza.

Murco: E in piazza e in tribuna e dovunque. Questo non è il secolo della virtù ma della verità. La virtù non solamente non si esercita più col fatto (levati pochi sciocchi), ma neanche si dimostra colle parole, perché nessuno ci crederebbe. Oh il mondo è cambiato assai. L'incivilimento ha fatto gran benefizi.

Filosofo: Sto a vedere che costui mi vuol fare il maestro di filosofia. Murco mio caro, questi insegnamenti noi gli abbiamo su per le dita. La filosofia non è altro che la scienza della viltà d'animo e di corpo, del badare a se stesso, procacciare i propri comodi in qualunque maniera, non curarsi degli altri, e burlarsi della virtù e di altre tali larve e immaginazione degli uomini. La natura è gagliarda magnanima focosa, inquieta come un ragazzaccio; ma la ragione è pigra come una tartaruga, e codarda come una lepre. Se tutto il mondo fosse filosofo, né libertà né grandezza d'animo né amor di patria né di gloria né forza di passioni né altre tali scempiezze non si troverebbero in nessun luogo. Oh filosofia filosofia! Verrà tempo che tutti i mortali usciti di tutti gl'inganni che li tengono svegli e forti, cadranno svenuti e dormiranno perpetuamente fra le tue braccia. Allora la vita umana sarà dilettevole come una sonata del monocordo. Che bella cosa la nuda verità! Che bella cosa il dormire, e non far niente, e non curarsi di niente!

Murco: Adagio adagio, che siete in piazza e non mica in iscuola: e questo non è tempo da declamare. Pensiamo ai casi nostri.

Popolo: Viva la libertà. Muoiano i tiranni.

Murco e Filosofo: Viva la libertà. Muoiano i tiranni.

Murco: Bisogna studiar la maniera di regolarsi (seguono altri discorsi).

Popolo: Muoiano i traditori. Viva la dittatura.

Murco e Filosofo: Muoiano i traditori. Viva la dittatura.

Murco: Qui non istiamo bene. Casa mia sta lontana. Ritiriamoci in Campidoglio. (Entrati in Campidoglio, altri discorsi).

Murco: Che tumulto è questo?

Parte del popolo: Viva la libertà.

Altra parte: Viva la dittatura.

Murco e Filosofo: Viva la libertà. Viva la dittatura.

Filosofo: Viene avanti uno che porta un cappello in cima a una picca, e dietro una processione di togati. Vengono a dirittura qua.

Murco: Oh me tristo. I congiurati. Ci siamo. Non c'è tempo da fuggire.

Filosofo: Tengono ciascuno un pugnale in alto.

Murco: Portate nessun'arma indosso?

Filosofo: Porto uno stilo da scrivere.

Murco: Date date, anche questo farà. Mi caccerò tra la folla, e mi crederanno uno de' congiurati.

Filosofo: A maraviglia: l'amico di Cesare.

Murco: Strigne più la camicia che la sottana. Tu che sei forestiero, e non hai carica né dignità, non corri nessun rischio.

Bruto: Il tiranno è morto. Viva il popolo romano. Viva la libertà.

Murco e Congiurati: Viva il popolo romano. Viva la libertà.

Bruto: Sbarrate le porte.

Murco: Sì per Dio, sbarratele bene.

Popolo: Viva la dittatura. Muoiano i congiurati.

Murco: Muoiano i congiurati.

Bruto: Come? Dov'è? Chi di voi grida, muoiano i congiurati? Sei tu quello?

Murco: Perdonate: è stato uno sbaglio: mi diverto a far da scrivano, e per questo sono avvezzo a ripetere quello che sento dire.

Bruto: Ma come stai qui fra noi?

Murco: Forse che non sono de' vostri?

Bruto: Non so niente. Chi si è curato d'un vigliacco tuo pari?

Murco: Anzi io son quello che gli ho dato la prima pugnalata.

Casca: Bugiardo: la prima gliel'ho data io.

Murco: É vero: ho fallato: voleva dir la seconda.

Congiurato: La seconda gliel'ho data io.

Murco: Dunque la terza.

Altro congiurato: Signor no: sono io che gli ho dato la terza.

Murco: Insomma io gli ho dato una pugnalata, ma non mi ricordo quale.

Congiurato: E il coltello è rimasto nella piaga?

Murco: No, ma l'ho ferito con quest'arma che porto in mano.

Congiurato: Questa? É imbrattata di cera ma non di sangue.

Murco: Non gli avrò passata la veste.

Bruto: Abbiate l'occhio a costui. Disponiamo i gladiatori.

 

 

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