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Su Municipiu ‘ezzu: com’era, com’è |
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Lunedì 17 Dicembre 2012 17:41 |
di Carlo Patatu
Leggendo l’intervento di Claudio Coda (Architettura di un edificio: su municipiu 'ezzu) sui lavori di restauro eseguiti nella vecchia Casa comunale, non ho potuto fare a meno di andare a ritroso nel tempo. Con la memoria, ovviamente. Altro non avrei potuto fare, come invece mi sarebbe piaciuto.
E così ho “rivisitato” l’interno di quel palazzo. Com’era quando ancora fungeva da Casa comunale. Con gli ambienti polverosi, perennemente soffocati da scartoffie sparpagliate per ogni dove, riscaldati malamente da stufe a legna in terracotta. Monumentali. In quell’edificio ho fatto la mia prima esperienza di lavoro dipendente come impiegato. Per soli quattro mesi, da Giugno a Settembre 1953. Avevo 17 anni, studente di belle speranze.
Successivamente e fino agli anni Sessanta del Novecento, la stanza a destra nel piano terra, opportunamente divisa in due ambienti da un tramezzo in mattoni, ha ospitato l’ambulatorio del medico condotto e una tetra sala d’aspetto, più un servizio igienico (si fa per dire). Il locale a sinistra è stato adibito ad archivio di deposito e ripostiglio per materiali vari.
Salite le rampe della scala in ardesia (pedra bàina), si giunge a un ballatoio (v. pianta al n. 10). Sul corridoio di sinistra (v. n. 7) si aprivano tre stanze: una spaziosa, le altre piuttosto anguste.
La sala grande (v. n. 1) accoglieva inizialmente la scrivania del segretario comunale (collocata sul lato destro, quello con la parete dipinta) e due tavoli di dimensioni considerevoli. Uno sistemato fra le due finestre che affacciano sulla via Vittorio Emanuele; l’altro accanto a quella che guarda la piazza Indipendenza.
In occasione delle riunioni di consiglio, si affiancavano alla buona i tavoli e la scrivania. Per accogliere i quindici
Verso la metà degli anni Cinquanta, il segretario comunale Tottuccio Galleu ha scelto di trasferirsi in quello che era l’ufficio della guardia municipale Giovanni Casula noto Caddhuresu. E cioè nella saletta di destra (v. n. 2). Nella quale, pur disponendo di uno spazio esiguo, poteva trattare in tutta tranquillità, sia col sindaco che col pubblico, anche questioni riservate. Il che era impossibile fare nella stanza grande, dato il continuo via vai della gente e degli impiegati.
Il locale a sinistra del corridoio (v. n. 3) era destinato all’ufficio anagrafe, stato civile e protocollo. Degli impiegati che vi si sono alternati, ricordo Inzameddhu (Giacomo) Scanu negli anni Quaranta, poi emigrato in Francia; quindi Antonio Villa. Prima della guerra, quell’ufficio è stato occupato anche da Andrea Carboni senior. Che ha svolto pure la funzione di portalettere, alternandola all’arte primigenia di calzolaio.
Lasciato il corridoio di sinistra (v. n. 7) e attraversato il ballatoio in direzione opposta (v. n. 10), si accedeva a un altro spazio di disimpegno (v. n. 8), sul quale si aprivano la stanza del sindaco (v. n. 4) e l’ufficio anagrafe del bestiame, più noto come ufficio abigeato (v. n. 5). Qui ha lavorato l'impiegato Giommaria Scanu fino ai primi anni Cinquanta. Dopo la sua morte (Settembre 1953), ci ha operato per un certo periodo Antonio Caccioni e, a seguito dell’espletamento del concorso pubblico, Domenico Budroni.
Sulla sinistra dell’androne, una porta immetteva sulla terrazza che affacciava (affaccia) sulla via Redipuglia (Carrela ‘e S’arcu) e consentiva l’accesso all’unico servizio igienico (sempre maleodorante) disponibile sia per gli impiegati che per il pubblico (v. n. 6).
Tralasciando, per comodità espositiva, i personaggi che si sono succeduti nella carica di sindaco, commissario
A su Municipiu ‘ezzu, si scriveva prevalentemente a mano; passando, nel corso degli anni, dalla penna stilografica, o con pennino e calamaio, alla biro. La macchina per scrivere meccanica è stata a lungo una sola. Deliberazioni, registri contabili e dello stato civile, certificati, ordinanze, lettere e atti vari erano compilati manualmente.
Roba da non crederci!
In quelle stanze, dotate di arredi essenziali e molto modesti, oltre che del tutto inadeguati alla funzione, si sono incrociati gli interessi, i destini, le speranze e le vicende umane di tanti chiaramontesi. Come pure vi hanno fatto capolino episodi tristi e lieti della nostra vita comunitaria. Talvolta stravaganti, talaltra divertenti. Al riguardo è fiorita un’aneddotica abbastanza ricca.
Della quale avrò occasione di trattare in seguito. A breve, spero.
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Ultimo aggiornamento Lunedì 17 Dicembre 2012 18:15 |