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Le erbe del mio giardino |
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Domenica 05 Aprile 2015 00:00 |
L’altro giorno ho deciso di andare a fare una passeggiata nel centro storico di Sassari, in cerca delle viuzze che attraversavo quando, ragazzino biddìnculu, ero venuto a Sassari per sostenere l’esame di ammissione alla Scuola Media; un esame estremamente selettivo, in cui, a giugno, bocciavano il 90% dei candidati. Per uno sciopero a tempo indeterminato dei professori (fatto rarissimo sia a quei tempi, sia adesso), dovetti stare a Sassari una quindicina di giorni. Abitavo in via dell’Insinuazione 17, a due passi dalla trafficata casa sita in via Esperson al n. 22. Questa casa fu chiusa a seguito della legge Merlin e mai più riaperta, neanche come semplice abitazione.
Probabilmente i sassaresi, attaccati alle tradizioni, hanno ancora paura di antichi fantasmi che aleggiano nelle pareti. Ma, oltre a questo, sono cambiate troppe altre cose nella “Sassari Beccia” di adesso. In pratica, quel variopinto micromondo di allora non esiste più: niente negozietti caratteristici dove si vendeva di tutto, niente botteghe artigiane di tappezzieri, falegnami, maniscalchi ecc. Solo case abbandonate e cadenti, oppure abitate da extracomunitari, che niente hanno a che vedere con la Sassari risulana e zappadorina di ziu Cesaru, Rosilde Bertolotti, Pompeo Calvia, Agniru Canu...
Ma i pochi sassaresi che ancora vi abitano hanno conservato l’antica abitudine alla cionfra e all’autoironia.
Sul muro di una misera abitazione di via delle Monache Cappuccine c’è una mattonella colorata, dove sta scritto: “Se è vero che la ricchezza non dà la felicità, figuriamoci la miseria”. Un modo bellissimo di ribadire il concetto sintetizzato nell’antico proverbio che la ricchezza non dà la felicità, per ottenere la quale bastano poche cose e accontentarsi di ciò che si possiede.
Più difficile, invece, è diventare ricco.
Eppure io ho trovato il modo di diventarlo, seppure per breve tempo. Nella casa dove abito, dalla cucina si esce in un modesto giardino di 40 metri quadri. Ma questa non è certamente una ricchezza, dirà qualcuno. Eppure, per diventarlo, basta pochissimo. Mi metto a lavorarci per tagliare le erbacce e, improvvisamente, il mio giardinetto si trasforma in un tancato di quaranta ettari. E questa illusione dura più di una settimana.
Nei giorni scorsi, mi è venuta la voglia di diventare latifondista, ho cominciato i lavori e il mio giardino mi si è presentato così:
È tutto avena fatua e bambagina, trifoglio, lappola con bardana, pungitopo, papavero e asparagina, nasturzio e armoraccia rusticana.
Calcatreppola e coda di volpino, canapuccia, asfodelo e lupinella, loglio, correggila e carciofino stramorino, malvina e bambagella.
Fior d’oro, giallo, erba cardellina, verbasco, borrana e teriaca, masticogna, vescicaria e canapina; carota finocchietto e cardo vacca;
erba spinosa, ginestra, veccione, favagello, scaracchio con scagliola. cipollaccio di campo con crescione, campanula cataria e calendola.
Lingua di cane, iperico e cumino issopo, ortica, farfaraccio. Mentuccia, raperonzolo, crespino centinodio, centocchio e cavolaccio.
Per una settimana ho lavorato sodo, sostenuto dalla contentezza di essere diventato ricco, e sono riuscito a debellare le suddette erbacce.
Ma, insieme a loro, è svanita anche la mia ricchezza di latifondista. Il giardino è tornato a misurare quaranta metri quadrati. |
Da anni seguo il vostro sito, egregia famiglia Patatu, e ho in qualche modo carpito un po' della vostra vita. Vi frequento, se così posso dire, dal Natale 2010, quando i miei adorati figli mi hanno fatto dono del pc. Doveva servirmi per distrarmi e sopire la "sindrome da abbandono", quel dolore che ti morde dentro e come malerba non puoi debellare.
Nel leggere quanto da lei scritto, sono tornata indietro alla mia meravigliosa infanzia trascorsa in molti dei luoghi da lei descritti. Dio sa quanto vorrei ritornarci. Nulla è come allora. Lo so, ma mi piace pensarlo e magari questa emozione...
Mi rivedo bambina correre per prendere il trenino. Era talmente lento che si poteva scendere dal primo vagone, rifornirsi di frutta, verdura e risalire nell' ultimo . Qualche anno dopo ecco la meravigliosa "littorina". Viaggiavo per andare prima alla scuola di San Donato e poi l'Azuni.
Ricordo le nevicate, il torrente impetuoso, il pastorello trascinato dall'acqua con il suo asinello e i bidoni del latte. Mia madre lo aveva salvato e lui si disperava per l'asino e i bidoni del latte persi. La nevicata che aveva isolato i pastori, il cibo che veniva lanciato loro dagli elicotteri... Avevamo una casa solida e le donne con i bambini avevamo trovato ospitalità da noi.
E quei vagoni della littorina Sassari Alghero, pieni di studenti, finiti giù dal ponte nel lavatoi di Caniga...
Ricordi!
Sento ancora la forza del vento che in piazza Stazione mi trascina a suo piacimento. Rivedo il viale alberato, le file al mulino, i Giardini Pubblici con la pista per pattinare, il Museo dell'Artigianato e il Museo Sanna che da tanto desidero rivisitare. Risento l'odore di lu ziminu e della fainè. Ho nelle orecchie il rock di Celentano e rivedo la bambina, forse della mia stessa età, che stava dietro il banchetto di un negozietto di dolciumi ricavato nel portone di un palazzo.
Se amo la terra, i suoi frutti e gli animali lo devo all'essere stata a contatto con il mondo contadino nei ricchi orti sassaresi degli anni '50. Ero piccola ma osservavo molto, ero sveglia e un po' maschiaccio. Ho un giardino-orto che ormai non curo più. Ho una invalidità che non mi consente di fare sforzi, ma ne soffro maledettamente.
Mi manca il mio giardino con i suoi fiori, le cicorie, le bietole e i finocchietti: tutto rigorosamente selvatico. E così mi sono ritrovata a estirpare con lei le malerbe cercando di salvare quelle buone. L'orto e come la nostra vita. Le erbe infestanti vanno estirpate perché quelle buone anche se "selvatiche" crescano fruttuose. E' facile confonderle. La malerba è malerba. Se presa in piccole dosi può curare o essere da antidoto ma se sbagli la dose non hai scampo.
Grazie di cuore per l'ospitalità e porga i miei saluti a sua moglie: leggo le sue ricette.
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Ricambiamo i saluti. L'ospitalità, solitamente, è un dovere. In questo caso è anche un piacere. (c.p.)
Bellissima! Auguri di buona Pasqua alla famiglia Patatu.
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Grazie, Bruno. Auguri anche a te e famiglia. (c.p.)