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Esultate, esultate: le province son tornate |
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Martedì 30 Ottobre 2018 00:00 |
di Carlo Patatu Chi più può più ne inventa. Ora rispunta la voglia di riesumare le quattro province regionali, già mandate al macero per volontà popolare. Un’apposita proposta di legge, pare condivisa da maggioranza e opposizione, intenderebbe chiamare alla battaglia il morente Consiglio regionale per richiamare in vita le defunte province Gallura, Sulcis-Iglesiente, Ogliastra e Medio Campidano. Che andrebbero ad aggiungersi alle quattro storiche Cagliari (ora Sud Sardegna), Sassari, Nuoro e Oristano. In totale, otto enti intermedi. Anzi nove, dato che Cagliari e i comuni viciniori sono da tempo costituiti in Città Metropolitana. Con amministrazione autonoma. Tutto questo surplus di staterelli per amministrare ventitremila chilometri quadrati di territorio con poco più di un milione e mezzo di abitanti, in decrescita costante e preoccupante. Insomma: più o meno, la periferia di Roma. Perché tanta ostinazione nel voler moltiplicare le province? Nessuno lo sa spiegare con argomentazioni convincenti. Infatti, successivamente alla loro istituzione (Giunta Mario Floris, 12 Luglio 2001) i quattro nuovi organismi provinciali non si sono distinti per iniziative decenti, né per capacità d’intervento sui rispettivi territori. Ma la brace covava sotto la cenere. I propugnatori della parcellizzazione della nostra Isola non si sono mai arresi. Specie in Gallura. Tant’è che, a seguito del fallimento delle modifiche costituzionali del Governo Renzi decretato dal Referendum del 4 Dicembre 2016[2], sono ringalluzziti e hanno riacceso i motori, pronti a decollare per una nuova avventura. Guardando al passato, però. Siamo già in clima pre-elettorale, per cui occorreva inventarsi qualcosa per mettere la sordina alle gestioni abbondantemente deludenti degli ultimi governi regionali di centrodestra e di centrosinistra. Da qui il ritorno all’antico: riproporre la resurrezione di quattro provincette che costerebbero più di quanto potrebbero restituire in termini di utilità. Nessun cenno a una opportuna e doverosa riflessione sui costi da affrontare e sugli eventuali possibili benefici conseguenti. Pensate a quel che era la provincia Ogliastra con capoluogo Lanusei. Poco più di cinquantamila abitanti: in soldoni, l’agro di Sassari! Ma a che pro riscaldare una minestra rivelatasi indigesta? Importa, ai corifei di tanta proposta, riportare in auge altri quattro consigli con altrettante giunte, presidenze, direzioni generali, staff, segreterie con auto al seguito, missioni, consulenze e via dicendo. Altra burocrazia, altri Palazzi da illuminare, riscaldare, arredare e manutenere. Uno schema già visto, purtroppo; e che i sardi, constatatane l’inutilità, hanno già bocciato. Senza se e senza ma. Eppure la stragrande maggioranza dei gruppi consiliari della nostra Regione, sia pure con qualche distinguo, parrebbero avere fatto la scoperta dell’acqua calda e, lancia in resta, sarebbero pronti a dare battaglia per una riforma di sì grande respiro. I problemi isolani non sono più il lavoro che manca, l’abbandono scolastico al 21% (record in Italia), le scuole che cadono a pezzi, il territorio che non sa più reggere temporali di dimensioni ordinarie, la difesa dell’ambiente, la viabilità, i trasporti indecenti e costosi per mare, terra e cielo. Per tacere del resto. No! Il problema centrale, risolutivo dei nostri mali sarebbe il richiamo alle armi di altre quattro provinciucole. A beneficio di chi siederà a Palazzo, ovviamente. E io pago!..., diceva Totò. [1] Col referendum abrogativo regionale del 6 Maggio 2012, il 96,94% dei votanti si è dichiarato favorevole alla cancellazione delle province Gallura, Ogliastra, Sulcis-Iglesiente e Medio Campidano. [2] I votanti bocciarono le modifiche approvate dal Parlamento, fra le quali era prevista l’abolizione di tutte le province. Statali e regionali.
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