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Condannati a morte i pini storici del giardino pubblico? PDF Stampa E-mail
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Lunedì 12 Novembre 2018 14:11

I due alberi, ultranovantenni, sarebbero stati classificati pericolosi da chi se ne intende - Abbatterli e sostituirli con che cosa? – Il Sindaco ne informi la cittadinanza con una manifestazione pubblica

di Carlo Patatu

Da qualche settimana, voci sempre più insistenti si rincorrono e si amplificano: i pini storici del giardino pubblico avrebbero i giorni contati. L’amministrazione comunale avrebbe deciso di abbatterli perché pericolanti e pericolosi.

La notizia, manco a dirlo, va riproducendo schieramenti con pareri opposti sull’argomento. E cioè favorevoli, contrari e indifferenti. Come sempre accade, quando si tratta di valutare problemi d’interesse comune.

Ma perché la campana ha ripreso a suonare a morto per due alberi giganteschi che, sia pure oltraggiati e feriti dal tempo e dall’incuria, troneggiano ancora sull’area destinata al parco giochi dei bambini? E perché quegli alberi hanno un che di speciale che non li accomuna agli altri che vegetano qua e là all’interno della nostra cinta daziaria?

Quei pini, tre in origine, furono messi a dimora poco meno di un secolo fa, quando si decise di creare il Parco della Rimembranza, a ricordo dei Caduti nella prima Guerra Mondiale. L’amministrazione civica del tempo (v. 90 anni dopo: due discorsi a raffronti) aveva individuato un triangolino di terra delimitato da S’Istradone di fronte alla casa parrocchiale, dall’area su cui, più tardi, sarebbe sorto l’edificio dell’asilo infantile e dalla stradetta che, correndo a valle dell’attuale via dell’Europa Unita, con l’ingresso da piazza Repubblica conduceva a Funtana Noa e campagne limitrofe.

Una volta ripulita e recintata, su quell’area furono messi a dimora i tre pini e alcuni lecci, tuttora esistenti. Quindi, grazie all’iniziativa di un apposito comitato, vi fu edificato il Monumento ai Chiaramontesi morti per la Patria, inaugurato solennemente il 6 Novembre 1927. A ciascuno di quegli alberi fu assegnato il nome di un nostro compaesano morto durante la guerra del 1915-18. Quei nomi i bambini della mia generazione li conoscevano tutti (o quasi) a memoria. I nostri insegnanti di quarta e quinta elementare ce li hanno ripetuti più volte, con la raccomandazione di non scordarli mai.

Da qui la sacralità di quelle piante. Che, rappresentando la prosecuzione della vita di chi l’aveva sacrificata per il bene dell’Italia (e cioè di noi tutti), avevano qualcosa di speciale rispetto a ogni altro albero esistente nel nostro territorio. Da qui la levata di scudi allorquando la Giunta Cossu, nell’Estate 2009, aveva deciso di abbatterli perché pericolanti a seguito di accertamenti di cui mai si ebbe contezza, oltre che per fugare migliaia di storni che vi si annidavano nelle ore notturne, producendo montagne di sterco che sporcava le panchine, il parco giochi e quant’altro (v. Non abbattere quei pini: sono monumenti).

Ci fu allora, da parte della popolazione (e io ero fra questi), una levata di scudi che indusse quegli amministratori a limitare i danni, abbattendo un solo pino. Che invece sarebbe stato opportuno salvare dotandolo di appositi supporti analoghi a quelli utilizzati per il pino centenario di Clelia Garibaldi a Caprera. Gli altri due se la cavarono per il rotto della cuffia. Ma furono potati da mani inesperte e pertanto rovinati irreversibilmente. Infatti, a causa di tagli indiscriminati di tanti rami, fu compromesso quell’equilibrio che Madre Natura aveva saputo gestire anche nella crescita di quegli alberi.

Ed ecco che i nostri pini storici, sferzati dal Maestrale e dalla Tramontana, oltre che da Scirocco e Levante, paiono non reggere più, avendo perso da tempo quell’equilibrio statico naturale di cui ho detto prima. In breve, quelli che prima erano dei monumenti viventi oggi sarebbero fonte di pericolo per chi bazzica da quelle parti. Del che il Comune si deve fare carico, anche alla luce dei recenti disastri occorsi in varie parti d’Italia. In breve: non aspettiamo che ci scappi il morto.

Mi piace credere che la decisione sofferta di abbattere i due pini monumentali la si debba prendere alla luce di un pronunciamento, da parte di chi se ne intende, circa la loro pericolosità. Di una relazione tecnica scritta, da conservare agli atti e da rendere pubblica. Tutti abbiamo interesse a sapere come stanno le cose. Dopo di che, se i due alberi rappresentano davvero un pericolo per la incolumità pubblica, li si abbatta pure. La cosa non ci farà di certo piacere; ma l’accetteremo come sopporteremmo una eventuale menomazione del nostro corpo, pur di continuare a vivere.

Mezus caddu toppu che caddu mortu.

Indìca il Sindaco una pubblica assemblea, esponga il problema corroborandolo con dati inoppugnbili, dia conto della relazione tecnica (se c’è) e dica subito come sarà risistemata l’area, dopo che sarà divenuta orfana dei due cari e indimenticabili pini storici del nostro Parco della Rimembranza.

 

 

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