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Chiaramonti, un paese che muore PDF Stampa E-mail
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Venerdì 16 Aprile 2021 00:00

I dati dell’anagrafe comunale sono impietosi: nel 2020 i decessi sino stati il quadruplo delle nascite – Quale futuro per un paese che ha perso oltre 400 abitanti negli ultimi 20 anni?

di Carlo Patatu

P

er ogni nuovo nato, da noi ci sono stati oltre quattro decessi. Quattro a uno, dunque. A favore di chi se ne va. Questo il dato sconfortante fornitoci cortesemente dalla dott.ssa Paola Pinna, responsabile dell’Ufficio Stato Civile, Anagrafe ed Elettorale del nostro Comune. E che ringraziamo.

Il paese invecchia e ha davanti a sé un futuro incerto. Un futuro con i ricambi che, a mano a mano, si assottigliano sempre più, gonfiando in maniera spropositata gli anziani improduttivi e bisognosi di assistenza a fronte di un numero sempre più esiguo dei giovani che dovranno prenderne il posto.

L’anno 2020 ha fatto registrare soltanto 5 nascite (4 maschi e 1 femmina). I decessi sono stati ben 21 (11 maschi e 10 femmine); cioè oltre il quadruplo rispetto all’unico nastro rosa e ai quattro azzurri. Se insieme a questo dato, per niente incoraggiante, consideriamo che, nel corso del medesimo anno, gli emigrati in altri comuni sono stati 28 a fronte di 18 nuovi arrivi in paese, nel Dicembre scorso il saldo demografico si è chiuso in negativo: un preoccupante -26!

Con questi numeri non si andrà lontano. Alla data del 1. Gennaio scorso, i residenti eravamo 1.551 (789 femmine e 762 maschi). Nell’arco dell’ultimo ventennio, Chiaramonti ha perso oltre 400 abitanti e l'età media dei residenti è passata da 42 a quasi 50 anni. Uno scarto di otto anni in un così breve intervallo la dice lunga sul destino che incombe su questo bel paese in collina, dove ci sono aria buona, un clima asciutto e un panorama invidiabile.

L’ultimo dato riguarda i matrimoni. L’anno scorso ne sono stati celebrati soltanto due. Ma le coppie costituitesi spontaneamente sono molte di più. I giovani di oggi non credono più nel matrimonio. Civile o religioso che sia. Quando sentono che il momento è arrivato, mettono su casa e ci si trasferiscono, proprio come fanno solitamente i novelli sposi. Ma senza l’imprimatur del sindaco o la benedizione del prete.

Ricordo che, nel corso della mia esperienza di giudice del Tribunale per i Minorenni di Sassari, chiesi ai due giovani di una coppia di fatto:

“Siete insieme da otto anni e avete tre figli; perché non regolarizzate questa situazione ormai consolidata col matrimonio?”.

Mi risposero entrambi all’unisono:

- Perché se un giorno non dovessimo andare più d’accordo, non avremmo bisogno di un giudice e di due avvocati per separarci. Ciascuno si riprenderebbe forchette e cucchiai che ha portato in dote e buona notte al secchio! -.

“In realtà, obiettai, la cosa non sarebbe poi così semplice; ma lasciamo perdere”.

Il mio caro paesello invecchia troppo in fretta e ciò non sta bene, perché lo squilibro creato fra chi viene e chi va è eccessivo e produce danni incalcolabili. Io sono nato il 25 Gennaio 1936; ebbene, se non ricordo male, l’atto di nascita che mi riguarda è contrassegnato col n. 11. In soli 25 giorni ne erano nati quanti ora ne nascono in due anni!

Bei tempi! Ma sono passati.

 

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