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Quando Napoleone rischiò la vita PDF Stampa E-mail
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Giovedì 14 Ottobre 2021 12:15

Un episodio poco conosciuto racconta di una minacciata esecuzione sommaria del Grande Corso, sventata all’ultimo momento dall’arrivo provvidenziale di alcuni amici

di Salvatore Patatu

T

re giorni prima della sua morte, Napoleone completò il suo testamento scrivendo:

"Lascio 20.000 franchi all'abitante di Bocognano, che m'ha strappato dalle mani dei briganti che volevano assassinarmi; 10.000 franchi a M. Vizzavona, il solo della famiglia che fosse del mio partito; 100.000 franchi a M. Jerome Levie; 100.000 franchi a M. Costa de Bastelica; 20.000 franchi all'abate Recco”.

Perché Napoleone, sentendo vicina la morte, ha necessità di aggiungere queste postille al suo testamento? Vediamo di spiegarne la motivazione.

Chi percorre la via Fesch di Ajaccio, partendo da Place Foch, dove c'è il palazzo comunale, prima di arrivare al Museo, incontra una casa sulla destra, su cui è affissa una grande lapide in marmo, che recita in francese:

Tre maggio 1793

Napoleone Bonaparte

inseguito dagli anglo-paolisti,

ricevette ospitalità in questa casa

presso Jean-Jérome Levie

ex sindaco

che vi ha assemblato dei montanari

armati

essendosi presentati dei gendarmi

per effettuare l'arresto.

J-J. Seppe riuscì ad allontanarli

senza lotta.

E la notte stessa

fece salvare Bonaparte

via mare

per raggiungere Calvi

e da lì le coste della Provenza.

Sette mesi dopo (21 dicembre)

Bonaparte riprese il controllo di Tolone.

Iscrizione Pubblica-maggio 1914

Sentendosi vicino alla morte, Napoleone si ricordò di un episodio della sua gioventù, che probabilmente ancora lo ossessionava.

Il fatto risale al periodo postrivoluzionario, quando il generale Pasquale Paoli governava la Corsica. Questi era rientrato in Francia dopo un ventennale esilio e fu nominato governatore della Corsica dal re Luigi XVI. Incarico che mantenne anche dopo che fu instaurato il governo rivoluzionario.

Napoleone, a quei tempi, era un convinto sostenitore delle nuove idee e riuniva i suoi partigiani in una stanza, dove s'intrattenevano a discutere, non disdegnando di bere un bicchiere di vino.

Non altrettanto convinto di queste idee, invece, pare fosse Paoli, per il quale Napoleone provava una leggera acredine, nata ai tempi della spedizione francese in Sardegna. Nella sua qualità di governatore, Paoli aveva ricevuto l'ordine dal governo rivoluzionario di invadere la Sardegna, inviando una spedizione che sbarcava a La Maddalena e proseguiva verso sud. Contestualmente un'altra spedizione partiva da Tolone per sbarcare a Cagliari e proseguire verso nord. I due contingenti si sarebbero dovuti incontrare nei pressi di Macomer. Le cose andarono diversamente, ma il fatto, per il momento, non è oggetto della nostra conversazione.

La spedizione diretta a Cagliari era comandata dall'ammiraglio Truguet e, al comando dell'altra, Paoli mise il colonnello Cesari. Napoleone, che sperava di ricevere lui l'incarico, partecipò alla spedizione in qualità di luogotenente-colonnello della Guardia Nazionale, nel reggimento comandato dal colonnello Quenza.

Dopo la famosa disfatta, qualcuno accusò apertamente il governatore di aver nominato un comandante di comodo per far fallire l'impresa.

Poco tempo dopo, alcuni commissari della Repubblica Francese furono inviati a Bastia e Napoleone, informato del loro arrivo, volle raggiungerli. Fece venire da Boccognano un uomo di fiducia, un partigiano, che si chiamava Santo-Bonelli, detto Riccio, che gli avrebbe fatto da guida. Insieme partirono a cavallo diretti a Corte dove, passando, avrebbero colto l'occasione per visitare Pasquale Paoli, che Napoleone, nonostante tutto, aveva difeso dall'accusa dei sospetti citati, in quanto ignorava completamente che il governatore stava tramando contro la Francia per ottenere l'indipendenza della Corsica.

Il giovane luogotenente, arrivato a Corte, scese da cavallo ed entrò nell'abitazione del generale Paoli. Incontrò un personaggio, il quale gli comunicò che il governatore era impegnato in una importante riunione con dei cospiratori nemici della rivoluzione.

Inquieto, salì le scale e incontrò un altro personaggio, che era appena uscito dalla sala dove si teneva la riunione e Bonaparte gli si rivolse dicendo: "E allora?”. Quello, credendo che Napoleone fosse un alleato, rispose: "È fatta! Stiamo per proclamare l'indipendenza della Corsica, separandoci dalla Francia, con l'aiuto dell'Inghilterra!”. Il giovane ufficiale, sentendo questa notizia, perse il controllo e pestando i piedi, gridò: "Questo è un infame tradimento!”.

Alle sue grida accorsero degli uomini, lontani parenti della famiglia Bonaparte, i quali capirono al volo il pericolo che correva il loro giovane parente, in quanto Paoli era un uomo  piuttosto deciso, che, solitamente, si sbarazzava in fretta dei suoi oppositori. Per cui lo circondarono, lo costrinsero a scendere le scale e lo fecero rimontare a cavallo, consigliandogli di allontanarsi il più in fretta possibile.

Napoleone partì subito in direzione di Ajaccio, sempre accompagnato da Santo-Riccio e, insieme, arrivarono prima della notte alla frazione di Arca di Vivario, dove dormirono presso il curato Arrighi, parente di Napoleone, uomo molto influente e stimato in tutta la Corsica.

L'indomani all'alba si rimisero in viaggio e arrivarono la sera al villaggio di Boccognano, dove i due si separarono, dandosi appuntamento per il giorno dopo in un luogo stabilito. Napoleone andò alla frazione di Pagiola e passò la notte ospite dell'amico Felice Tusoli.

Pasquale Paoli aveva saputo subito della mancata visita del giovane Napoleone ed era stato informato anche delle sue violente parole gridate nelle scale. Per cui, non sapendo dove fosse diretto Napoleone, ordinò a un certo Mario Peraldi, in qualsiasi maniera, d'impedire al giovane corso di raggiungere Ajaccio o Bastia.

Mario Peraldi capì subito che Napoleone si era diretto ad Ajaccio, si mise in viaggio e, procedendo senza soste, arrivò a Boccognano qualche ora prima dei due amici e si recò subito presso la potentissima famiglia Morelli, partigiana del generale Paoli, per cercare sostegno ed aiuto nella ricerca.

Successe di tutto e, dopo alterne vicende, in cui intervenne a favore di Napoleone anche un certo M. Vizzavona, salvandolo da morte certa in una occasione, il giovane ufficiale fu arrestato e stava per essere giustiziato per mano di un certo Honorato, che gli puntò il fucile alla tempia pronto a sparargli, gridò: "Morte al traditore della patria!”.

In quel momento apparve sulla scena Felice Tusoli, amico di Napoleone e cognato di Honorato; alla maniera corsa, lo prese di mira col fucile e lo minacciò: "Honorato, Honorato ce la vediamo tra noi ora!”. Queste parole fecero esitare l'uomo e Santo Riccio, approfittando della confusione che si era venuta a creare fra i due cognati, afferrò Napoleone e insieme si tuffarono nella boscaglia.

Alla fine, Napoleone riuscì ad arrivare ad Ajaccio e passò la notte nella casa del sindaco in Rue Fesch, su cui è posta la lapide, nascosto dentro un armadio. Utile precauzione, perché la polizia arrivò puntuale, rovistò tutta la casa, ma non trovò il giovane ricercato.

Prima dell'alba, Jean-Jérome Levie si preoccupò di far ripartire via mare il suo ospite, destinazione Calvi. Successivamente, superando altre grosse difficoltà, aiutato dalla famiglia Costa di Bastelica, Napoleone raggiunse il continente francese, imbarcandosi su una fregata, che raccoglieva e trasportava in patria i partigiani francesi ricercati.

Seppure per poco tempo, l'indipendenza della Corsica fu proclamata, la casa di Napoleone fu incendiata e le sue tre sorelle furono affidate alle cure dell'abate Recco.

Senza l'intervento coraggioso di Santo Riccio, di M. Vizzavona, di M. Jérôme Lévie e di M. Costa de Bastelica, che cosa sarebbe successo a Napoleone? Con la sua morte sarebbe cambiata la storia e, probabilmente, fra i ricordi dell'umanità non sarebbero rimasti i nomi dei luoghi di vittorie clamorose, milioni di esseri umani non sarebbero morti sotto i colpi dei fucili e dei cannoni, o vittime dei tre implacabili e impietosi generali russi! E Alessandro Manzoni non avrebbe scritto i suoi magnifici versi, nell'ode Il Cinque Maggio.

Con i se e con i ma, dice un noto proverbio, non si costruisce la storia. Non si può mai prevedere cosa può succedere dopo. Prova ne sia che, chi va ad Ajaccio a visitare la casa natale di Napoleone, a pochi passi dal palazzo sede del municipio di Ajaccio, nonostante il poderoso incendio che ne distrusse l'interno e tutti i mobili, la trova arredata di tutto punto, con, in bella mostra, il lettino dove da giovane riposava il futuro imperatore!

 

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