Home » La Tribuna » La Tribuna » L’infinito… mio

Immagini del paese

Chiaramonti foto anni '30.JPG

Statistiche

Tot. visite contenuti : 10626083

Notizie del giorno

 
L’infinito… mio PDF Stampa E-mail
Valutazione attuale: / 3
ScarsoOttimo 
Lunedì 22 Novembre 2021 23:43

di Carlo Patatu

P

oche parole per spiegare l’origine di questa pseudo composizione, in verità piuttosto stravagante. Quand’ero studente, facevo parte della redazione di un giornaletto scolastico: “Il Grillo”.

Mi dilettavo, anche allora, a pubblicare articoli polemici. Ma mi divertivo molto anche a riprendere poesie di autori celebri, parafrasandole e modificandole a mio piacere, ma lasciandone intatta la struttura; e la rima, dove c’era.

Fu così che, fra le altre, ebbi l’ardire di profanare “L’infinito”, una delle più belle e celebri poesie di Leopardi. Di certo quella che più ho amato. Ne ho ripescato il testo nei giorni scorsi, frugando fra le mie tante scartoffie.

Sperando di non avere urtato troppo la suscettibilità del mio Poeta preferito e confidando molto nella sua improbabile comprensione, lo propongo ai lettori, non mancando di vergognarmi un poco.

Ecco il mio Infinito. A seguire, quello di Leopardi.


Giammai cara mi fu questa fredd’aula

e questo muro, che da tanta parte

del sol primaverile il guardo esclude.

Ma, sedendo e pensando, voci amiche

di là da quello di donzelle ridenti

io nel pensier mi fingo, ove per poco

il cor non se ne muore. E come il Manca[1]

sento spiegar tra queste mura, io quella

mirabile visione a questa noia

vo comparando e mi sovvien d’incanto

il bel volto di lei che mi sorride.

Così, mollando scienza e poesia,

prosatori, filosofi ed eroi,

spesso si perde in classe il pensier mio:

e il ripensar m’è triste a queste cose.


---


L’infinito

di Giacomo Leopardi


Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quïete
io nel pensier mi fingo; ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e 'l suon di lei. Così tra questa
immensità s’annega il pensier mio:
e 'l naufragar m’è dolce in questo mare.



[1] Il noioso professore di latino e geografia.

 

Aggiungi un commento

Il tuo nome:
Indirizzo email:
Titolo:
Commento (è consentito l'uso di codice HTML):