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Abolire la guerra |
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Giovedì 07 Aprile 2022 14:02 |
di Carlo Patatu Anch’io seguo, con pena infinita, molta preoccupazione e tanta angoscia, quanto accade in terra di Ucraina. Le immagini delle città devastate, dei palazzi gravemente danneggiati e delle strade ingombre di calcinacci e automobili distrutte mi fanno venire i brividi e accapponare la pelle. Provo indignazione e orrore. Soprattutto guardando i filmati che riprendono i cadaveri disseminati per le vie di Bucha, Irpin e Borodyanka. Uomini, donne e persino bambini uccisi probabilmente nel corso di esecuzioni sommarie, le mani dietro la schiena fermate con legacci improvvisati. Provo per quei poveri resti umani una pietà immensa e uno smarrimento che mi fanno stare male.
Ovviamente, nessuno vuole accollarsi la responsabilità di tanta efferatezza. Gli ucraini, vittime dell’invasione, con buona ragione ne incolpano i russi invasori. Che, manco a dirlo, ribaltano l’accusa e vogliono tirarsi fuori da quel pasticciaccio, di cui hanno motivo di vergognarsi. Ma quei corpi martoriati e offesi restano lì, insieme alle numerose fosse comuni, testimoni muti di crudeltà, ferocia, atrocità, violenza, disumanità e barbarie inenarrabili. Anche in guerra, in tutte le guerre, la propaganda occupa la scena centrale. Ciascuno tira l’acqua al proprio mulino. È sempre accaduto. Cosimo dei Medici, in pieno Rinascimento, mandava per le strade di Firenze i “mestatori”, quando voleva mettere in cattiva luce i propri avversari politici. Le dittature non hanno simpatia per la stampa libera; pertanto censurano e chiudono giornali, radio e tv che la pensano diversamente dai Mussolini, gli Hitler e gli Stalin di turno. Oggi disponiamo di armi propagandistiche ben più raffinate e di grande impatto sociale. A sentire i contendenti, sarebbe auspicabile la pace; ma intanto si armano i cannoni e si programmano raid aerei per far cadere a pioggia bombe distruttrici. La guerra, dunque. Ripenso ai tempi di quella raccontata magistralmente da Omero. Anche allora le carneficine erano ugualmente spaventose e all’ordine del giorno; ma greci e troiani avevano il buon gusto d’interrompere il combattimento, di tanto in tanto, per raccogliere sul campo di battaglia ciascuno i propri morti e dargli onorata sepoltura. Era una regola che nessuno si permetteva di violare. Col trascorrere del tempo, le cose sono cambiate. Tant’è che nessuno si perita, oggi, di badare a “quisquilie” legate alle modalità usate per procedere allo sterminio dei civili, facendo ricorso a qualunque espediente e a qualunque mezzo; persino ai gas e all’energia atomica, com’è accaduto a Hiroshima e Nagasaki nel 1945. Gino Strada non si stancava di ripetere che morti e feriti sono l’unico contenuto della guerra. Che piace a chi non la conosce e a chi ha interessi economici. E poi, sottolineava il fondatore di Emergency, in guerra il 90% delle vittime sono civili; persone che non hanno mai imbracciato un fucile, che non capiscono il perché gli scoppi una mina sotto i piedi e gli piovano le bombe sulla testa. Che fare? Gino Strada non aveva dubbi: abolire la guerra, immaginare un mondo senza. Siamo all’utopia? Certo che sì. Ma l’utopia non è qualcosa d’irrealizzabile, è un progetto che cammina sulle gambe di chi lo sostiene e caparbiamente vuole portarlo a compimento. Infatti, se i cittadini non vogliono la guerra, perché mai i governanti potrebbero continuare a farla? Ecco perché occorrerebbe trattare il problema soprattutto a scuola. Fin dalle elementari. Diceva bene Albert Einstein: l’uomo ha costruito la bomba atomica, ma un topo non costruirebbe mai una trappola per topi.
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