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Ah! Quell'esame di maturità PDF Stampa E-mail
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Domenica 03 Luglio 2022 10:06

di Salvatore Patatu

Passando quotidianamente davanti all'istituto scolastico di via Cedrino, in questi giorni, ho notato, fin dalla mattina presto, schiere di studenti che si apprestavano a sostenere il fatidico esame di maturità.

Nella mia carriera di docente ho partecipato a più di venti esami, in Sardegna e nel continente, in qualità di commissario e a volte di presidente. Come candidato l'ho sostenuto tanto tempo fa, rivivendolo, negli anni successivi, come un terribile incubo, in quanto era considerato uno scoglio molto duro da sostenere con profitto, nonostante io, a dire il vero, non ebbi nessun problema nel superarlo piuttosto brillantemente.

Nel corso degli anni, però, questa prova è stata riformata più volte, fino ad arrivare a quella attuale, che è ridotta ad una semplice formalità, da farla sembrare una barzelletta. Tanto è vero che qualcuno ne ha suggerito l'abolizione.

La partecipazione come docente, però, debbo riconoscerlo, mi ha fornito la possibilità di visitare molte città, di misurarmi con colleghi di altri istituti e, soprattutto, mi ha convinto che le scuole sarde non hanno niente da invidiare a quelle di Milano, Torino, Biella, Varallo, Romagnano Sesia, Saronno, Matera, per citare quelle in cui sono stato più volte. Ogni esame è stata l'occasione per imparare qualcosa, che mi ha restituito fiducia, arricchendomi notevolmente come uomo e completandomi come professionista.

Affidandomi ai ricordi, ogni tanto, mi viene in mente qualche episodio gustoso e simpatico. Proprio ieri, a seguito di una telefonata di un amico di Siena, che era stato con me due volte come collega commissario, ho ricordato un esame sostenuto in due cittadine del Piemonte, entrambe in provincia di Vercelli. Ero stato nominato presidente di una commissione che doveva esaminare gli studenti di due istituti alberghieri! Il primo era un istituto privato e parificato e l'altro statale, ma che godeva di una certa fama, in quanto sorgeva in un territorio che univa attività industriali ad attività turistiche di primordine. La prima città, che era sede centrale, dove risiedeva la commissione, era una delle più industriose d'Italia, con una ricchezza evidente e palpabile: industrie tessili e manifatturiere, produzione di casalinghi, mobilifici famosi ed un impianto artigianale di sostegno di assoluta eccellenza. Entrambi gli istituti avevano alunni di primordine, soprattutto il primo, i cui allievi erano destinati a diventare direttori di alberghi di lusso, tutti appartenenti ad un ceto sociale elevato, in quanto la retta che pagavano per frequentare quella scuola era piuttosto elevata.

Dopo la riunione preliminare, il primo giorno c'era lo scritto d'Italiano e, nell'attesa di consegnare i titoli delle tracce proposte dal Ministero, che arrivavano per telegramma, lessi le circolari che dettano le regole da seguire per il regolare svolgimento della prova, per la quale venivano assegnate sei ore. Mentre leggevo le circolari, una candidata, seduta al primo banco, mugugnando, commentava sommessamente, contestando quanto dicevo: consegnare le borse, non si può uscire prima delle quattro ore, anche se un candidato finisce prima la prova, non si può andare in bagno prima delle due ore e si va accompagnati dal personale di servizio e via dicendo.

Incuriosito dalla sagacia pretenziosa della candidata commentatrice, chiesi il suo nome alla commissaria interna, la quale mi disse che apparteneva a una famiglia molto ricca, figlia di un industriale alberghiero ed era anche una delle più brave, soprattutto in Italiano, che era una delle due materie che avrebbe dato all'orale. Si chiamava Gabriella Giovini (il nome è di fantasia) ed aveva un certificato medico che attestava la presenza di una rarissima allergia, per cui era autorizzata ad andare spesso in bagno. Durante le due prove scritte lo farà moltissime volte, sempre accompagnata da una bidella e preceduta da una sua lamentela piuttosto evidente.

Durante la correzione dei compiti, mi resi conto che la ragazza era davvero brava ed aveva svolto uno dei temi  proposti, attestandosi su una buona media.

Agli orali, avendo sorteggiato la lettera elle da cui iniziare le interrogazioni, lei fu interrogata il penultimo giorno e questo fatto, in qualche modo, l'ha agevolata, in quanto non è mai mancata alle interrogazioni dei giorni precedenti, sistemandosi sempre al primo banco e prendendo costantemente tanti appunti.

Il giorno che toccò a lei, chiesi la cortesia al docente di Italiano di interrogarla io.

La ragazza arrivò elegantissima, ebbe un colpo di tosse, che attutì portando con molta grazia un fazzoletto alla bocca, si sedette, con una mossa studiata, come avrebbe fatto una modella di professione. Siccome era una prassi eseguita da tutte le ragazze, chiesi incuriosito e la commissaria interna mi disse che, per tradizione, la sua scuola, in vista degli esami, faceva frequentare a tutte le ragazze un corso di portamento base per modelle, studiando il sorriso, la mossa di come ci si deve sedere sulla sedia, come bisogna atteggiarsi al momento della firma del verbale e come bisogna guardare in viso il docente quando si risponde alle sue domande.

Lei rivolse il suo sguardo piuttosto fiducioso verso il commissario d'Italiano ed io le chiesi:

"Ha qualcosa in contrario se la interrogo io, che sono il presidente? Il giudizio, ovviamente, sarà espresso dall'intera commissione!”.

E lei, completamente a suo agio rispose:

"Non vedo perché dovrei avere qualcosa in contrario”.

"Bene, cominci con un argomento a piacere!”.

E lei: "Vorrei parlare del Pascoli!”.

"Molto bene. Io sono un pascoliano convinto e sono contento di questa sua scelta. Non capita spesso che uno studente ami questo poeta”.

"Ma io non lo amo per niente! Anzi, direi che lo detesto!” Rispose imperturbabile.

"Come sarebbe a dire? In pratica intende iniziare proprio con un autore che lei detesta?”

E la ragazza, con imperturbabile sicurezza, fece un discorsetto niente male:

"Ho notato che questa commissione ha scelto la modalità di iniziare l'interrogazione con una domanda a piacere, probabilmente per agevolare noi candidati, mettendoci a nostro agio. Ma ho notato anche che, una volta rotto il ghiaccio, passate ad altri argomenti e di questa prima fase, sicuramente, non tenete in nessun conto. Ebbene, io, iniziando con questo poeta che detesto, me lo tolgo di mezzo subito e dopo viaggio più speditamente con estrema tranquillità!"

"Questo è segno di grande furbizia da parte sua, ma, a ben riflettere,  anche di grande maturità!” — Le risposi — "Mi dica però almeno perché lo detesta?”

"Lo ritengo un poeta banale, superficiale, insignificante e piagnucoloso, adatto per bambini delle Scuole Elementari e non riesco a capire perché lo portino agli esami di maturità!” Rispose candidamente.

"Ognuno è libero di esprimere il giudizio che ritiene opportuno, ma lei qui è in sede di esame e deve dare una tangibile dimostrazionbe per giustificare quanto afferma con troppa sicurezza!” Fu la mia risposta.

Al che lei, abbozzando un sorriso, probabilmente, anch'esso studiato nel corso di portamento, rispose:

"Basta leggere una qualsiasi delle sue poesie per verificarlo!”

"Molto bene; scelga lei una poesia da leggere e mi dimostri quanto ha appena affermato!”

Prese l'antologia, la aprì dove c'era un segnalibro, segno evidente che si aspettava questa mia risposta, e scelse la poesia intitolata Il Gelsomino Notturno, per sua disgrazia, uno dei componimenti di più difficile lettura e interpretazione di Giovanni Pascoli.

Dopo averla letta, quasi con disgusto, abbozzò un breve commento, tipo versione in prosa molto semplice, utilizzando parole sue, senza però entrare minimamente nei meandri nascosti del simbolismo pascoliano. Aggiunse alla fine che la poesia era stata scritta in occasione del matrimonio di Gabriele Briganti, carissimo amico del Pascoli, il quale era stato il primo testimone alle nozze.

Le chiesi che simbologia rappresentasse il gelsomino notturno e, soprattutto quali immagini sensuali evocava aprendo i suoi petali la notte, durante la quale i due sposini concepiranno una nuova vita. Esperienza del tutto sconosciuta al poeta, che osserva da lontano quello che accade, senza prendervi parte, se non come mistero sconosciuto, cullato dal profumo delle fragole rosse, che stanno a rappresentare cosa?

"Le fragole rosse non sono altro che fragole rosse, che emanano un profumo particolare!” Mi disse con evidente sicurezza.

"No, signorina! Qui le fragole rosse sono un simbolo sessuale molto esplicito! Non riesce a immaginare qualcosa di molto serio sulla scena descritta e sulle condizioni sessuali del poeta?”

La ragazza mi guardò smarrita, senza riuscire a spiccicare parola ed io, con fare sorridente, adottando un atteggiamento estremamente naturale e non studiato in un corso di portamento, le dissi: "Questa è una figura retorica chiamata sinestesia, dove il senso dell'olfatto viene accostato alla vista: odore e rosso, colore che rimanda all'amore. Una figura retorica che Pascoli utilizza per alludere all’atto sessuale, che il suo amico e la sua sposa stanno per compiere. Il tutto è descritto con una delicatezza fuori dal comune, che solo un grande poeta riesce a realizzare. Anche perché il Pascoli sente che un simile atto per lui è precluso e quindi sconosciuto e misterioso. Altro che poeta banale, superficiale e insignificante era il Pascoli!

Per dirla in parole povere” — conclusi — "per il poeta, le fragole rosse sono quelle che un distratto carabiniere, testimoniando in un fatto di violenza carnale, definì banalmente membro virile della donna, strapazzato da un energumeno!”

Scoppiò una risata generale della commissione e il commissario di Italiano intervenne per dire:

"Cara signorina, ringrazi il cielo che abbiamo deciso di non tenere conto dell'argomento a piacere, il quale, tuttavia, resta una macchia degna di considerazione per noi della commissione! La prossima volta, sia più cauta nell'esprimere giudizi definitivi e irricuperabili, soprattutto se detesta l'attività poetica di un autore!”

L'esame continuò condotto dal commissario preposto e la ragazza se la cavò, tutto sommato, abbastanza bene, trattando argomenti legati ad autori a lei più confacenti. Ma la sua arrogante furbizia le precluse il massimo voto, che avrebbe meritato senza la figuraccia iniziale.

Durante tutti gli esami di maturità, a cui ho preso parte come presidente, per combattere la noia, in quanto non avevo candidati da interrogare, ho sempre scritto un'opera burlesca in versi, ironizzando sull'andamento dell'esame, dedicando una quartina ad ogni candidato e varie quartine ai commissari. L'opera aveva sempre lo stesso titolo: L'Indivina Scommedia - L'Esameide in versi burleschi, seguito dalla data e dal nome della città in cui l'esame aveva luogo, che quell'anno iniziava con la seguente quartina:

"Cantami, o Diva, del palloso esame

l'opra funesta, che qui mi ha portato

da presidente, per l'aspro certame,

in due città, appena iniziato!”.

E questa è la quartina dedicata alla candidata Giovini:

"Gabriella entra e ha un colpo di tosse,

dice che Pascoli è assai detestato,

non le interessan le fragole rosse,

perché non piacciono al suo fidanzato!”.

 

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