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Ah! Quell’esame di maturità! Seguito e conclusione PDF Stampa E-mail
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Mercoledì 06 Luglio 2022 16:06

di Salvatore Patatu

Ma un anno accadde che la mia “Indivina Scommedia” non fu solo un componimento giocoso fine a se stesso, creato per sdrammatizzare un evento sin troppo temuto da essere considerato determinante nella vita dello studente, ma servì come supporto per evitare conseguenze non facilmente prevedibili, come capita con qualsiasi causa affidata al tribunale.

In poche parole, questa operetta di pochissimo valore una volta scongiurò uno strascico difficilmente prevedibile, con possibili conseguenze antipatiche nei confronti della Scuola e dei componenti la commissione.

Ero stato nominato presidente dal Provveditore agli Studi di Sassari, in sostituzione di un docente continentale che aveva rinunciato all'incarico, in un liceo di una cittadina sarda, non capoluogo di provincia. La commissione era composta tutta da docenti sardi, qualcuno addirittura della città sede di esame e un collega di Oristano, che era venuto in camper e al quale dedicai quattro quartine. Siccome quell'anno il ministero aveva operato una riforma, per quanto riguarda il rimborso spese per gli insegnanti che venivano da fuori, inglobandole tutte in un rimborso forfettario, il cui acconto era consegnato i primi due giorni, una delle quartine diceva:

Con l'acconto in tasca ha paura,

perché potrebbe accadere il peggio!

La metà gliela danno in natura

ed il resto in buoni campeggio.

Finiti gli esami, preparammo un verbale di chiusura e formammo un plico pieno di timbri e di firme che, da quel momento, nessuno può più toccare. Depositato il faldone in cassaforte, i commissari se ne andarono tutti ed io mi trattenni un'oretta a parlare col preside, che era una persona che conoscevo da tanto tempo. Di solito si fa in modo, per motivi che non c'è bisogno di spiegare, che i quadri vengano esposti quando tutti i membri della commissione sono rientrati nelle loro sedi. Invece questa volta, per una sbadataggine dell'applicato di segreteria, furono esposti quando io ero ancora all'interno della scuola e fui attirato da una specie di vociare, molto contenuto, a dire il vero, tra l'applicato che faceva il suo dovere e un genitore che aveva appena constatato che suo figlio era stato sì promosso, ma col voto minimo, che allora era trentasei.

"È una vergogna” — diceva il genitore — "Ho mandato a lezione privata per tre mesi mio figlio, spendendo una montagna di soldi e me lo promuovete con un misero trentasei!”

Chi ha partecipato almeno una volta in qualità di commissario agli esami di maturità, sa benissimo che, chi viene maturato col minimo voto, in partenza era praticamente bocciato ed è stato salvato per qualche intervento divino. Il fatto è che il genitore era un avvocato e, subito dopo, entrato in segreteria disse che il suo studio avrebbe preparato un ricorso scritto con tanti dettagli appresi nel corso degli esami.

Il preside si spaventò in quanto, un ricorso, in occasione degli esami di maturità, è sempre un evento terribile, oltre che una temibile scocciatura, che può in qualche modo nuocere sia al presidente di commissione, sia al preside, che lo vede come un attentato al prestigio della scuola. Bisognava in qualche modo convincere il solerte genitore a ritirare il ricorso, cosa non facile a giudicare dal suo grado di arrabbiatura e dalla sua decisa determinazione. Io non ricordavo il ragazzo, ma ricordavo bene le conclusioni cui eravamo arrivati all'unanimità nella seduta conclusiva.

La prassi, in caso di ricorso di qualcuno, prevedeva l'apertura del faldone depositato in cassaforte e se, per malaugurato caso, veniva rilevato da parte dell'ispettore un vizio procedurale, erano guai grossi per tutti, in quanto si correva il rischio che venissero annullati gli esami e ripetuti con spese a carico dei responsabili.

Cosa fare? Tutti i commissari erano andati via, compresi i commissari interni che, essendo docenti della scuola, potevano fornire al genitore elementi, per convincerlo che suo figlio era stato trattato in modo assolutamente regolare. Io, andando contro ogni formalità prevista dalla legge, dissi al preside di farmi parlare con l'assatanato genitore, il quale, in un primo momento, non accettò di parlare col presidente. Poi, calmatosi un pochino, entrò in presidenza e potemmo discutere con molta serenità.

Il problema era che io, non conoscendo personalmente gli alunni, non potevo sapere di preciso quale fosse l'alunno e come era andata l'interrogazione e la correzione degli scritti. Il faldone non poteva essere consultato, per cui avevo poche armi a disposizione. E invece un'arma sicura la avevo e subito la utilizzai. Cominciai con lo spiegare al genitore, che aveva più o meno la mia età e doveva, a suo tempo, aver dato lo stesso tipo di esame che avevo dato io, con tanti scritti, con tutte le materie, non solo due come era successo a suo figlio, tra l'altro, di fatto, scelte entrambe dall'alunno. Con i richiami agli anni precedenti e l'esame orale diviso in due giorni differenti, uno per le materie letterarie e uno per quelle scientifiche. Il genitore mi ascoltò in religioso silenzio, asserendo e condividendo con me che quello era davvero un esame terribile.

Subito dopo gli comunicai che io mi divertivo a scrivere annotazioni in rima burlesca sulle interrogazioni dei candidati, che le tenevo per me e gli proposi di ascoltare le due quartine che riguardavano suo figlio.

Lui mi guardò divertito e acconsentì con evidente curiosità.

Il bel Roberto, per la terza volta,

tenta l'esame con poca osservanza!

La promozione non gli vien tolta,

ché va premiata la perseveranza.

Gli chiede il prof del Canto notturno,

e lui afferra il libro di Dante.

Seguì un commento e, finito il turno,

fece un sorriso, il più accattivante!

Spiegai al padre che il commissario d'Italiano gli aveva chiesto un commento del Canto Notturno di un Pastore Errante dell'Asia, di Giacomo Leopardi e lui, prendendo La Divina Commedia disse: "Per favore, mi dite il numero del canto, che non me lo ricordo?”.

Il commissario interno, furbescamente, gli porse l'antologia già aperta alla pagina giusta dicendo: "Roberto è un ragazzo che ama molto scherzare!”.

Il padre del ragazzo mi guardò con intensità; subito dopo scoppiò in una sonora risata e, prendendomi sottobraccio, mi portò al bar, insieme al preside e finì tutto in una bella bevuta.

Alla fine, salutandoci, ringraziò e aggiunse:

"Alla fin fine, la cosa più importante è che sia stato promosso! Per la carriera che dovrà intraprendere, nessuno gli chiederà mai quanto ha preso all'esame di maturità. Quelle due bocciature me le sogno ancora la notte come incubi notturni!”

Un paio di anni fa, recatomi in quella cittadina per tenere una conferenza sul canto sardo, tra gli organizzatori notai il baldo Roberto, il quale, presentando il relatore disse che era stato presidente di commissione agli esami di maturità che aveva sostenuto tanti anni fa. Evitò, ovviamente, di dire il voto conseguito.

 

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