Giovedì 25 Ottobre 2007 09:14 |
Successivamente all'avvento del regime fascista, a seguito della riforma della legge che sovrintendeva al funzionamento degli enti locali, il Comune fu retto da una lunga serie di commissari, podestà e, infine, sindaci non elettivi ma nominati dal CLN.
Ecco l'elenco: - Congiatu Lodovico , commissario prefettizio dal Maggio al Settembre 1926
- Raffo Luigi, podestà dal Settembre 1926 all'Ottobre 1928
- Madau dott. Bachisio, commissario prefettizio dall'Ottobre 1928 al Luglio 1929
- Madau dott. Antonio Luigi noto Gigi, commissario prefettizio dal Luglio al Settembre 1929
- Madau dott. Antonio Luigi noto Gigi, podestà dal Settembre 1929 al Novembre 1936
- Brau Pasquale, commissario prefettizio dal Novembre 1936 al Giugno 1940
- Marcellino dott. Antonio, commissario prefettizio dal Giugno 1940 al Maggio 1941
- Brunu Tommaso, podestà dal Maggio 1941 all'Ottobre 1943
- Pirina Pietrino, commissario prefettizio dall'Ottobre 1943 al Giugno 1944
- Pirina Pietrino, sindaco espresso dal CLN, dal Giugno 1944 all'Agosto 1945
- Cossu Antonio Luigi, sindaco espresso dal CLN, dall'Agosto 1945 all'Aprile 1946
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Ultimo aggiornamento Domenica 02 Marzo 2008 23:32 |
Vi chiedo una cortesia. Potreste spiegarmi la differenza tra la carica di Podestà e quella di Commissario Prefettizio in epoca fascista? La procedura per la nomina era la stessa? I due incarichi avevano la medesima durata? Per quanto tempo restavano in carica?
Vi ringrazio e invio i più cordiali saluti. B.F.
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Provo a dare una risposta; non prima di avere consultato la Treccani. Per sicurezza.
Dico subito che “podestà” deriva dal latino potestas; e cioè potestà, facoltà, esercizio di un potere. Nel Medio Evo italiano, il podestà rappresentava la magistratura unica nel Comune, in sostituzione di quella collegiale del consolato. Dalla cui evoluzione molti storici sostengono sia derivata la figura medievale del podestà. Che, secondo taluni, parrebbe essere una figura nuova, a imitazione della dittatura romana o del baiulo meridionale.
Tralasciando, per brevità, l’evoluzione successiva di tale istituto, con tutto il contorno di passaggi per la nomina e il successivo insediamento, sarà sufficiente dire che il podestà deteneva tutti i poteri amministrativi e quello giudiziario. In breve, era, come suol dirsi in ambito sportivo, arbitro e giudice unico. Le cui decisioni erano inappellabili. Come quelle del papa.
Dal XVI secolo e fino all’inizio del XX, segnatamente nelle città del Lombardo-Veneto e in quelle di lingua italiana soggette all’Imperatore d’Austria, il podestà era il capo dell’amministrazione cittadina.
Durante il regime fascista, entrate in vigore le leggi eccezionali del 1925 e 1926, furono sciolti i consigli comunali, sostituiti da altrettanti commissari di nomina governativa. Successivamente, in ossequio a certa grandeur, che si voleva rappresentare col richiamo alla storia romana e alla migliore tradizione del passato (i fasci, le legioni, il ritorno all’impero con la pretesa di “un posto al sole”, etc.), il commissario assunse la denominazione di podestà.
In buona sostanza, per quanto ne so, fra commissario e podestà, non ci fu alcuna differenza circa le le attribuzioni, che rimasero identiche. Il podestà continuò a operare coi poteri del commissario. Entrambi cumulavano in sé tutte le funzioni che erano state del sindaco, della giunta e del consiglio comunale; ma indossando la camicia nera. Che era d’obbligo, a quel tempo. La durata del mandato dipendeva dagli umori del segretario politico locale e dei gerarchi provinciali e nazionali.
Fu così realizzato, nell’amministrazione dei comuni, il principio della concentrazione dell’autorità e del potere cui s’ispirava la concezione fascista dello Stato.
L’istituto del podestà fu abolito col DL 111 del 4 Aprile 1944, che riportò alla guida dell’amministrazione comunale il sindaco elettivo.
Chi, fra i lettori, volesse chiarire meglio la questione o integrare quanto sopra, sarebbe il benvenuto. (c.p.)