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La Tribuna: Lo tsunami dei giardini PDF Stampa E-mail
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Domenica 20 Marzo 2011 01:02

di Carlo Patatu

 

Ma qui è passato uno tsunami!...”. Questa la reazione di un amico, perito agrario e giardiniere professionista di lungo corso, visitando i giardini di piazza Repubblica. O meglio, di quel che ne resta dopo i tagli vistosi subiti da pini e lecci, annosi quanto incolpevoli.

Sbolliti shock e rabbia iniziali, credo di poter dare corso a una riflessione pacata. Pur se del tutto superflua: inutile piangere sul latte versato. La frittata è fatta ormai. Nessun possibile rimedio alla devastazione dell’unico fazzoletto di verde attrezzato del centro storico. Uno scempio, a mio parere, frutto di decisione presa a cuor leggero. E pertanto da censurare.

Dico subito che, scegliendo di capitozzare gli alberi, il Sindaco (o chi per lui) ha sbagliato due volte: nel merito e nel metodo. Un provvedimento adottato su presupposti errati. Aggravato dal metodo. Molto scorretto. Se, come si sostiene in Comune, si volevano allontanare definitivamente gli odiati storni, tanto valeva fare dei giardini tabula rasa. Via tutti gli alberi e pavimentare l’area!... per farne una piazza finalmente libera dai volatili; ma desolata e desolante. Tipo Alcatraz.

Invece, fra qualche tempo, gli uccelli torneranno all’antica dimora. Magari saranno i figli di quelli appena sfrattati, come sostiene Mario Unali. Ma che importa? Allora ci sarà un altro Sindaco e la grana sarà sua. Chi vivrà vedrà.

Sul merito.

La capitozzatura di un albero, dicono gli specialisti, rappresenta un pericolo. Per la pianta, naturalmente. Eppure c’è ancora chi ci prova. Per leggerezza o ignoranza.

La capitozzatura è il taglio drastico di branche; l’albero è ridotto a monconi. Non è metodo praticabile, se si vuole contenere la pianta. Che, senza l’organo che produce energia (il fogliame), rischia di morire per denutrizione. Ecco perché attiva subito le gemme latenti e forza la crescita, rapida e rigogliosa, di germogli (succhioni) tutt’intorno ai tagli.

Un albero capitozzato è un ferito grave. È così più esposto agli attacchi d’insetti e malattie. È vero, osserva l’amico giardiniere: la pianta è predisposta biologicamente a chiudere la ferita; ma a condizione che non sia troppo estesa. Se poi di ferite ce n’è più d’una, la faccenda si complica. Inoltre il calore solare assorbito può produrre scottature, con danni ai tessuti attigui ai tagli, appena sotto la corteccia.

È anche vero che i nuovi germogli crescono veloci. Anche troppo, talvolta. In talune essenze persino di 60 centimetri l’anno. Peccato che siano delicati. Molto fragili. Specie quando soffia il vento. Che da noi è di casa.

Infine, me ne sono accorto ahimé!, la capitozzatura fa gli alberi brutti. Quando i germogli saranno adulti, la pianta sarà ancora più sfigurata, non potendo riacquistare la forma originaria a chioma. Avrà invece rami dritti come stecche e puntati al cielo. A catturare quanta più luce possibile. Osservate, per credere, i pioppi di Littu in viale Marconi. Capitozzati malamente nel Febbraio 1976, si sono rivestiti in fretta di rami nuovi. Ma quanto brutti! Quegli alberi hanno perduto per sempre la forma naturale primitiva. Che era splendida.

In sintesi, la capitozzatura:

a) È costosa. In futuro, la pianta richiederà molteplici interventi correttivi. La potatura regolare, invece, ne rinvigorisce la salute e ne esalta la bellezza. Nel lungo periodo, è pure più economica.

b) È antiestetica, abbruttisce l’albero e appare offensiva allo sguardo. Di primo acchito, la vista rimanda ai moncherini di braccia e gambe amputate. Ma il peggio viene con la comparsa dei succhioni, ritti come stecchini, intricati e orribili a vedersi. Paiono la mitica scopa della strega.

c) È pericolosa perché rappresenta il danno peggiore che può infliggersi a un albero. Studiosi della materia affermano concordi che ripetute capitozzature possono generare, all’interno del fusto, vere e proprie colonne di legno cariato, con gravi danni futuri per la sopravvivenza della pianta. Specie in presenza di siccità.

d) Men che mai va praticata su lecci e similari. A meno di non volere... far legna.

Aggiungo che, nel nostro caso, gli alberi capitozzati (tranne uno) sono monumenti. Battezzati ciascuno col nome di un nostro caduto della Grande Guerra, furono messi a dimora negli anni Venti del Novecento. Rappresentano il nucleo di quello che, da bambini, conoscemmo come Parco delle Rimembranze. Il ricordo è ancora un valore. O no?

L’intervento del Comune ha profanato quei monumenti alla memoria e li ha ridotti in uno stato pietoso. Bene avrebbero fatto Sindaco e collaboratori a rispolverare in archivio le carte inerenti alla creazione di quel Parco, poi trasformato in giardino pubblico dalle giunte Fumera e Brandano negli anni Cinquanta. Una conoscenza non superficiale della sua genesi avrebbe suggerito un approccio più rispettoso.

Quanto al metodo, l’Amministrazione comunale è adusa a non sentirle proprio le voci che, pur flebili, giungono a Palazzo. Reputo pertanto inutile spendere tempo e parole a stigmatizzare il metodo discutibile praticato nel porre mano in siffatto modo al verde pubblico. I giardini sono patrimonio di tutti. Un bene indisponibile. Ecco perché il Sindaco di turno non può (non deve) arrogarsi il diritto di dar corso alla prima idea che gli passa per la testa. Un minimo di cautela è d’obbligo. Sentire più voci non guasta. Anzi!

Ma la filosofia imperante a Palazzo sembra quella del “chi vince comanda”. Non è così. C’è un limite al potere, ancorché democratico. Democrazia è governo della maggioranza, nel rispetto delle minoranze. Lo sosteneva Kennedy. Che è morto da tempo e non va più di moda. Ma qui entro nel campo minato della sensibilità individuale. Che, come il coraggio, se uno non ce l’ha non se la può dare. Don Abbondio insegna.

 

 
Commenti (1)
Da fitopatologo non sono affatto d'accordo con quanto fatto dall'Amm.comunale!
1 Lunedì 21 Marzo 2011 16:12
Riccardo Bugiani
Da fitopatologo, concordo al 100% con quanto espresso dal giardiniere a cui si riferisce il testo. Tagli simili sono ammissibili solamente se l'albero è malato e se la sua stabilità è compromessa. Inoltre i lecci non sono dei platani o dei bagolari... non si fanno degli scempi simili! Mi piacerebbe vedere un referto tecnico al riguardo!!


Mi dispiace enormemente perchè ormai a Chiaramonti ci passo l'estate, mi ci sento cittadino e mi dispiace davvero vedere trattare così un bene pubblico... per quanto in questi anni "il bene pubblico" ha perso di ogni valore...


Cordiali saluti.


Riccardo Bugiani, Servizio Fitosanitario Regione Emilia-Romagna

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Grazie, caro amico di Chiaramonti e delle piante. Il parere di un altro esperto è illuminante circa il comportamento irresponsabile di chi ha causato lo scempio dei nostri giardini pubblici. Un referto tecnico su quell'intervento? Ma quando mai il Sindaco sarà capace di un gesto di umiltà volto a riflettere sull'accaduto, magari rivolgendosi (cosa che avrebbe dovuto fare prima) a un tecnico del mestiere e rendendone pubblico il referto? Ricambio saluti altrettanto cordiali. (c.p.)

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