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Ha portato in Turchia sapori di Sardegna PDF Stampa E-mail
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Scritto da Carlo Patatu   
Venerdì 19 Settembre 2008 21:41

La bella avventura di Franco Saba, casaro chiaramontese


La telefonata gli giunge di buon mattino, con la proposta di una lunga trasferta di lavoro. In Turchia. Spesato di tutto e con una retribuzione niente male. Ma il calendario segna il 1. Aprile. Si tratta certamente di uno scherzo. E Franco Saba mette giù la cornetta. Bruscamente.

Il giorno seguente, il telefono squilla di nuovo. La solita voce riformula la proposta. All’altro capo del filo c’è un industriale caseario, che si fa in quattro per spiegare che scherzo non è. Semplicemente è alla ricerca di un bravo casaro da mandare in Medio Oriente, per produrre formaggitipici sardi; ma servendosi di caglio d’agnello nostrano. Destinazione del prodotto: Canada, USA, Sudan ed Emirati Arabi. Due settimane dopo, sia pure dopo una decisione sofferta, Franco Saba è in volo per la Turchia, diretto a Erzurum.
Ma il caseificio di quella città non è adeguato; non dispone di quanto necessita al nostro provetto casaro per soddisfare le esigenze prospettategli dall’industriale greco che lo ha appena ingaggiato. Ecco che, dopo pochi giorni, si ritrova in volo diretto a Ierevan, in Armenia. E poiché nemmeno là le strutture sono idonee al bisogno, vola in Georgia, a Batumi, concludendo anche questa visita con un nulla di fatto per le medesime ragioni. E così il pellegrinaggio continua in Turchia, visitando i caseifici di Batman prima e poi Trebisonda sul mar Nero. Niente da fare. Nessuna delle strutture proposte appare soddisfacente.

Ripreso il viaggio, giunge così a Ezine, nella Turchia nord-occidentale, a breve distanza dal mare Egeo. Qui, in vista dell’isola di Lemno, Franco Saba trova finalmente un complesso che lo soddisfa. Per un paio di mesi, guidando e coordinando il lavoro di 17 operai del luogo, mette mano al caglio d’agnello portato dalla Sardegna e trasforma migliaia di quintali di latte in formaggi vari, tipici della nostra isola. Al ritmo di 15 mila litri al giorno. Con risultati che il suo datore di lavoro valuta eccellenti.

Conclusa a luglio la produzione del latte ovino, il nostro prosegue l’opera in un caseificio di Eregli, nella Turchia centro-meridionale. Questa volta si tratta di lavorare latte bovino per produrre un formaggio simile al Grana Padano. In forme da 4 chili. Lo stabilimento, dotato di attrezzature di prim’ordine, si avvale di 260 operai che, suddivisi in tre turni, trattano giornalmente 2 milioni di litri di latte. Otto cuochi s’impegnano a soddisfare, per ciascun turno, le esigenze alimentari dei lavoratori. A disposizione dei quali quell’industriale illuminato mette anche una moschea per le preghiere quotidiane, realizzata all’interno dello stabilimento.

Franco Saba, estroverso, allegro e comunicativo, non tarda a farsi stimare e ben volere dagli operai che coordina e dal padrone del vapore. Gusta e apprezza le specialità della cucina turca; ma, contestualmente, propone con successo ricette della cucina nostrana. Manco a dirlo, ci sono pure gli spaghetti (makarana, in turco); ma conditi, oltre che col sugo, anche col formaggio, che da quelle parti con la pasta non si usa. Naturalmente si tratta di un tipo di formaggio che egli produce appositamente per la bisogna. Come pure la ricotta cremosa, che in Turchia non si conosce e non si produce. Insomma, c’è di che leccarsi i baffi. E i turchi non mancano di farlo.

Ma il nostro casaro, un po’ per soddisfare certa nostalgia che lo assale e un po’ per mostrare qualcosa della propria terra, confeziona fuori programma delle perette. Che vanno a ruba. Come pure le mozzarelle, che i suoi compagni di lavoro divorano con avidità accompagnandole a squisite focacce appena sfornate. Questo e altro si può fare, con l’ottimo latte che si produce in quella terra, dove pascolano oltre 70 milioni di pecore.

Insomma, presso quella gente Franco Saba lascia un pezzo di cuore, conquistato dalla cordialità, dall’affetto dei compagni di lavoro, dalle mille cortesie che questi gli riservano. Tant’è che, al momento del suo rientro in Italia, già fissato per la fine di agosto, qualcuno tenta persino di nascondergli il biglietto dell’aereo. Il suo datore di lavoro, in segno di stima, lo presenta alle autorità locali e gli fa visitare la splendida Istanbul, oltre che gli Emirati Arabi.

È evidente che, dopo un’esperienza tanto esaltante, tornare in Turchia è d’obbligo per Franco Saba. Da novembre a febbraio prossimi riprenderà, con la competenza che gli è propria, a trasformare latte di vacca a Eregli. Poi tornerà a Ezine a proseguire la produzione del formaggio pecorino. Per il quale noi sardi ora abbiamo un concorrente in più. E per giunta temibile. I turchi, contrariamente a quel che solitamente crediamo, sono lavoratori bravi e instancabili. Puntuali e fidati. Amici sinceri e devoti.

 

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Ultimo aggiornamento Giovedì 30 Novembre 2017 10:17
 
Commenti (1)
alla conquista dell’est
1 Domenica 21 Settembre 2008 12:06
Andrea Pischedda
Complimenti a Franco che con questa esperienza ha portato un briciolo di cultura sarda alle porte del medio oriente. Immagino che il salto in quella terra, la Turchia, geograficamente, culturalmente e religiosamente lontana da noi, non sia stato completamente indolore per Franco e famiglia; ciò rende ancora più grande e ricca l’esperienza vissuta da Franco: bravo.
La lettura dell’articolo ha suscitato in me qualche riflessione che voglio condividere con voi.
Il nostro compaesano è andato in Turchia per produrre formaggio secondo il nostro “savoir faire” al fine di esportarlo nel nuovo continente. In passato anche la produzione casearia di Chiaramonti era in parte destinata ai clienti d’oltre oceano. Come si è potuti arrivare a lasciare cadere in rovina un sistema produttivo chiaramontese per mandare i nostri concittadini a chilometri di distanza o, come nel caso di Franco a migliaia di chilometri, semplicemente per esercitare il mestiere che facevano comodamente nel loro piccolo e felice paese? Cosa si potrebbe fare per recuperare la situazione? Chi potrebbe giocare un ruolo chiave?

Non conosco quali siano i motivi, senz’altro validi, che hanno spinto l’imprenditore Fadda a guardare verso il medio oriente, ma sono convinto che si possono trovare altrettante ragioni per aumentare la produzione nella nostra terra. La ricchezza media procapite aumenta dov’è presente una struttura produttiva che crea posti di lavoro.

Un abbraccio e un “in bocca al lupo” a Franco per la sua prossima avventura alla conquista dell’est!

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Condividiamo l'analisi di Andrea Pischedda che, anche per motivi familiari, ha una ragione in più per recriminare sulla scomparsa, nell'arco di pochi anni, dei tre caseifici già funzionanti a Chiaramonti. E nei quali suo padre Peppino, in diverse stagioni, ha esercitato il ruolo di protagonista, come responsabile della lavorazione. Il nostro, caro Andrea, è un paese di persone per lo più senza ambizioni; che si accontentano del poco e subito, non preoccupandosi di quanto accade intorno. Basti osservare che quei caseifici (attorno ai quali ruotava l'interesse di centinaia di famiglie fra pastori e operai) sono scomparsi nell'indifferenza generale. Nemmeno l'amministrazione comunale ha mostrato di accorgersene. In breve: un morto senza pianto. Chi come Franco, come te e tanti altri, ha accettato di sfidare il mondo per andarsi a cercare il lavoro dove c'è, ha dimostrato che anche Chiaramonti "produce" belle intelligenze. Che però sono costrette a emigrare per emergere e a lavorare a beneficio degli stranieri. E così oggi i turchi, grazie anche a noi, fanno egregiamente bene ciò che noi abbiamo scelto di non fare a casa nostra. Che tristezza! c.p.

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